Una città “futuribile” e le periferie urbane
Un nuovo concetto di periferie: nuove città.
Nelle mie rappresentazioni artistiche ho sempre espresso l’immagine della metropoli con i sui grattacieli e le sue strade enormi spesso popolate da macchine sfreccianti o figure indistinte come se gli uomini rappresentassero un ectoplasma nella grandiosità della megalopoli.
Il tutto però con un senso “melanconico” notato da tutti i grandi critici che hanno scritto su di me; da Caprile alla Acidini, Strinati e Paolucci per citarne alcuni, che per anni mi ha accostato alle immagini di Hopper o della “Città che sale” di Balla.
In realtà c’era molto di più. Un senso poetico preso da Ceronetti, mio conoscente nei suoi ultimi anni di vita, dalla Pivano con le nostre frequentazioni milanesi, fino alla visione induista di Elemir Zolla, che dalla sua casa di Montepulciano, con il suo accento pacato, parlava del “senso della vita” e della “difficoltà di vivere nelle città”. Manca però una terza componente; la cinefilia, la poesia e la letteratura di cui mi sono sempre nutrito. Nei miei quadri c’erano in realtà pezzi di Truffeaut, di Elouard e il senso misterioso di solitudine dei romanzi di Auster e Carver.
La città non più al centro.
Quest’anno non ho voluto fare mostre perché sono arrivato alla concezione che le città non sono solo il centro, ma soprattutto sono le periferie, perché queste rappresenteranno le città del futuro, nonostante il clima di dormitorio, di degrado e di delinquenza che vi si può respirare.
Accadrà come nell’East Side di New York, nella Bowery, nel Queence e nel Bronx, posti degradati negli anni ’80 che oggi si sono riempiti di intellettuali, artisti, poeti, ma soprattutto di giovani che stanno vedendo la possibilità di un futuro migliore. Per questo, poiché le periferie sono ricche di tessuto umano, questo con il tempo e la cultura può rappresentare un nuovo motore di sviluppo. Oggi le periferie sono la grande sfida di architetti e urbanisti perché possono rappresentare la scommessa di un futuro migliore per i prossimi decenni.
Giovani e città
Tutti i giovani hanno talenti straordinari, ma spesso non sanno di averli. Nei quartieri degradati quasi sempre nascono eccezionali scrittori, film maker, artisti, uomini e donne di talento per lo sport; quindi non bisogna costruire nuove case e nuove periferie, ma migliorare quelle che ci sono. Si devono costruire infrastrutture (ospedali, teatri, musei, sale da concerto, università…) distruggendo gli edifici fatiscenti e sgradevoli frutto delle speculazioni degli anni ’60 / ’70 / ’80 e rivalorizzare la periferia con nuove costruzioni, più luci per le strade e giardini dove portare i bambini a giocare.
Bisogna anche pensare che le città del futuro non abbiano più i mega parcheggi interrati e silos multipiano, ma riabilitare un efficiente trasporto pubblico che funzioni con energie alternative. Con materiali riciclati, ecosostenibili e a basso costo, ma gradevoli alla visione, bisognerebbe creare ad esempio fontane perché, come nell’antica Roma, queste rendono il paesaggio migliore e danno un senso di allegria.
Le energie solare ed eolica dovrebbero essere meglio sfruttate.
Per questo ho voluto frequentare la periferie di New York, Parigi, Berlino, ma anche di luoghi come Asmara e Il Cairo. Qui si assiste a centinaia di migliaia di persone che vivono senza condizioni opportune, ad esempio dentro i cimiteri, quando ci sarebbero spazi incontaminati da poter eleggere a nuove realtà urbane.
Concludendo d’ora in avanti rappresenterò non più i centri urbani ma periferie degradate. Ristrutturate dai miei disegni e dal mio pennello con l’utilizzo di immagini digitali per regalargli nuova vita in modo che siano di ispirazione per la città del futuro.