Con questo piccolo excursus, torno a parlare di arte dopo diverso tempo; il covid, la crisi mondiale e le vicissitudini di questi ultimi anni ci hanno fatto quasi abbandonare “il bello”, hanno spinto l’arte verso la ribellione, come succedeva per i new-dada e, allo stesso tempo, hanno fatto tornare alla ribalta l’arte povera.
I materiali, le forme, i contenuti rispecchiano inevitabilmente la crisi dell’uomo che si ritrova sempre più vulnerabile ed impotente, granello nel cosmo smisurato, sottoposto ad eventi (pandemie, disastri climatici) che non può controllare né prevedere. Da ciò nasce da un lato l’annullamento e l’alienazione dell’uomo comune, ancora più forte che in passato e dall’altro l’estremo desiderio di ribellione e negazione di canoni estetici tradizionali.
Il Neo-Dada è un movimento artistico degli anni sessanta che riprende i temi e gli stili dadaisti degli anni venti. In entrambi i movimenti l’arte diventa mezzo di ribellione contro le convenzioni e i canoni estetici, che l’artista scardina per lanciare un messaggio di unicità e di nichilismo, dell’opera d’arte senza un’utilità ma fine a sé stessa.
Tra gli esponenti più famosi del primo dadaismo di inizio secolo troviamo Marcel Duchamp, pittore e scultore francese, al quale agli inizi della mia produzione artistica dedicai anche un quadro. Il dadaismo influenza diverse correnti artistiche tra cui la cosiddetta arte cinetica, che fa del suo fulcro la sperimentazione del movimento, da quello meccanico agli effetti luminosi.
Il Neo-Dada, nasce in America negli anni sessanta ed è caratterizzato dall’uso di materiali moderni, da soggetti dell’immaginario popolare e da contrasti assurdi. Inoltre nega apertamente i concetti tradizionali dell’estetica. Il termine venne reso popolare da Barbara Rose negli anni sessanta e si riferisce principalmente, anche se non esclusivamente, a un gruppo di opere create in quegli anni o nel decennio precedente. Gli artisti connessi a questo genere, che ha contribuito a ispirare Happening, Fluxus e Pop art, includono Jasper Johns, Yves Klein, Robert Rauschenberg, Claes Oldenburg e Jim Dine.
Dopo la seconda guerra mondiale, in Italia, si scoprì un certo interesse verso la poetica dell’oggetto, anche all’interno di quell’arte informale denigrata dagli artisti pop. Basti pensare ai sacchi di cui Alberto Burri faceva uso nelle sue pitture, ai frammenti di pietre e vetro di Fontana, ai pezzi di ferro rielaborati nelle creazioni di Ettore Colla e anche ai collage e agli assemblage di Enrico Baj e di Brajo Fuso.
Tuttavia, soltanto grazie agli artisti Pino Pascali e Piero Manzoni si può parlare di un effettivo affermarsi del neodadaismo italiano.
L’arte è immediata ed esauribile, come le uova sode che Manzoni firma nel 1959 con un’impronta del suo pollice (Consacrazione dell’arte dell’uovo sodo), o le modelle che diventano sculture viventi, o le linee avvolte dentro cilindri di cartone e vendute a un tanto al metro.
Se Manzoni pensa con un tono divertito alla commercializzazione dell’arte e sul ruolo del singolo artista, Pascali, al contrario, è convinto che tra l’arte e il gioco vi sia una reciproca complementarità. Realizza come modellini rettili e dinosauri di tela, bachi di seta attraverso scope in materiale plastico (Bachi da setola, 1968), tarantole di acrilico e armi con rottami metallici. Si può dire che i suoi dipinti, subiscano un processo di oggettualizzazione, facendoli somigliare a dei grandi e misteriosi giocattoli.
Le influenze del movimento artistico Neo-Dada arrivano fino ai giorni nostri. Il movimento infatti ha fortemente influenzato la pop art e il ritorno in auge dell’arte povera, ancora oggi sono molte le mostre organizzate per apprezzare e lasciarsi ispirare da questa corrente anti artistica.
Dopo questa piccola riflessione del tutto personale soprattutto volta a sottolineare un ritrovato valore che sta assumendo l’arte povera, spero di poter trovare il tempo e l’ispirazione per riprendere la mia personale produzione artistica che ho, mio malgrado, da un po’ di tempo interrotto e tornare quindi a parlare della mia personale visione del modo ed introspezione interiore.